Un bambino “piomba” in una coppia di dediti al lavoro, convinti che non ci si debba mostrare troppo umani in ufficio, perché la produttività non cali, e scardina le linee guida di quello che poteva sembrare un tandem in gradi di vincere ogni competizione lavorativa e di “intesa”. Scardina abitudini e convinzioni, ma crea una famiglia e coltiva quella parte sia di Sonia sia di Leonardo che non si sono mai mostrati a vicenda pur convivendo da anni e condividendo molte idee.
Tutto questo avviene a Milano, nel romanzo di Andrea Di Fabio “Non me”, pubblicato da Morellini Editore, nella città dove spesso appare che lavorare e produrre sia quanto di più importante durante la giornata e che queste due azioni possano infiltrarsi anche nella vita famigliare raffreddandola.
In “Non me” a scaldare gli animi, e l’atmosfera, basta un bambino, che non è poco, ma potrebbe ripetersi la stessa dinamica anche con un qualsiasi altro “imprevisto”, uno dei tanti che nella vita si incrociano per strada e obbligano a deviazioni che non erano mai state prese in considerazione.
Di Fabio ha trovato il modo per raccontare contemporaneamente e con la stessa abilità sia l’ambiente lavorativo sia quello domestico non dando giudizi se non attraverso l’ironia di gesti che il lettore può riconoscere anche come suoi. Nel servire a tavola, nel porsi con i colleghi, nell’organizzare l’agenda.
Alla Milano vista da Sonia e da Leonardo – il piccolo Edoardo è ancora troppo piccolo per raccontarla – si aggiunge anche quella che Azzurra vive e guarda con gli occhi di chi è cresciuta a Roma e Roma ha sempre amato. Questa giovane ma intraprendente collega di Sonia, bella e affatto timida, ha nostalgia della capitale ma non disdegna i divertimenti e le opportunità che la Grande Milano le offre. Anzi! Ed è forse la sua la voce che sa raccontare la città in modo più vivo e originale.
Sarà che è stata una performer e artista di body art, sarà che è più giovane, sarà che è colei che sceglie di vivere quella parte di vita contemporanea meneghina a cui si accede mirando ad infilarsi in quella fessura, a volte sottile, che si trova tra famiglia e lavoro, nella quotidianità di molti.
di Marta Abbà